Una delle questioni più dibattute (aggiungerei inutilmente) oggigiorno è se il pianeta sia sovrappopolato o meno. Il dibattito, ovviamente, si svolge all'insegna del civically correct, attento a non turbare le coscienze di tutte le anime belle (di nietzschiana memoria). Attualmente la popolazione mondiale è stimata in circa 8 miliardi, ovvero il doppio rispetto a quella che c'era a metà degli anni '70 e 8 volte rispetto a quella presente agli albori dell'era industriale nei primi dell'Ottocento. In epoca romana si contavano circa 200 milioni; addirittura 10 milioni durante il neolitico; infine, probabilmente, meno di 1 milione durante il paleolitico.
La popolazione cresce quindi con la colonizzazione e l'antropizzazione globale di ogni ambiente, anche non specifici per l'uomo, da parte della civiltà. Lo sviluppo di quest'ultima sarebbe impossibile senza la crescita esponenziale della stessa popolazione che permette l'occupazione, lo sfruttamento e la trasformazione intensiva ed estensiva del pianeta, attraverso la distruzione sistematica delle popolazioni indigene, della fauna selvatica e della vegetazione autoctona. Infatti, oltre ad essere aumentata a dismisura la popolazione civilizzata umana, quest'ultima ha favorito a dismisura la crescita esponenziale della fauna addomesticata soprattutto di interesse zootecnico che ammonta ormai a svariate decine di miliardi; ossia anche questa conosce una popolazione di gran lunga superiore a quella che sarebbe naturalmente presente, occupando tra l'altro solo il proprio habitat specifico, che nel caso umano sarebbe quello (semplificando) tropicale. Al riguardo si può paragonare l'attuale popolazione umana civilizzata con quella di scimpanzé o gorilla che non superano i 200-300 mila esemplari, e che, al netto dell'estinzione di comunità e habitat per intervento predatorio umano, qualche tempo fa non avranno comunque superato al massimo 1-2 milione di individui. Oggi uomini e animali addomesticati, come scrivevamo nel capitolo 19 di Homo Tropicus, rappresentano ben il 96% dei mammiferi viventi, lasciando un misero 4% a quelli selvatici. Una vera e propria monocultura intensiva e distruzione di biodiversità.
Per comprendere la spaventosa sovrappopolazione indotta dalla civiltà, può essere utile anche calcolare la densità di popolazione per unità di superficie. Infatti, se le popolazioni indigene semicivilizzate presentavano una densità di soli 0.2-0.3 abitanti per kmq, questa comunque si è mantenuta sotto l'unità durante le società agricole premoderne, ma ha raggiunto nelle odierne società industrializzate valori impressionanti, contando svariate decine se non a volte centinaia di abitanti per kmq. Per esempio in Europa abbiamo circa 110 ab/kmq considerando anche tutte le zone scarsamente o per nulla antropizzabili (alta montagna, laghi, fiumi, ecc.), mentre in Italia siamo intorno ai 200 abitanti per kmq, ma molti paesi superano i 300 ab/kmq (p.e. Paesi Bassi, Belgio, India). D'altronde ognuno può facilmente esperire (almeno nelle aree più sviluppate del globo) la quasi totale assenza di ambienti naturali intorno a sé, dato che ogni luogo è ormai antropizzato, urbanizzato, popolato.
A questo punto, va ricordato che il concetto di sovrappopolazione è uno dei mantra dell'élite che sproloquia per esempio a Davos, per i meeting annuali del World Economic Forum (WEF). Ma non ci si lasci ingannare. In realtà, la società capitalista e i suoi massimi dirigenti hanno sempre puntato tutto sulla necessità di far crescere la popolazione mondiale (almeno fino alla metà del Novecento) per avere un numero sempre maggiore di schiavi per produrre e consumare sempre di più e creare l'odierno mercato globale e per avere sempre alla bisogna carne da cannone. Ora lo sviluppo dell'automazione e della Deficienza artificiale rende superflua e inutile una fetta cospicua della popolazione (quella che Harari, intellettuale di riferimento del WEF, ha definito useless), e al riguardo è stata ipotizzata una popolazione mondiale ridotta, secondo i calcoli dei vari guru dell'establishment, a soli (si fa per dire) 1 o 2 o, al massimo, 3 miliardi (secondo alcuni anche mezzo miliardo potrebbe essere sufficiente). Ossia una quantità simile (grosso modo) a quella presente sul pianeta agli inizi della rivoluzione industriale. A conti fatti, non vi è nessuna intuizione o presa di coscienza da parte degli idioti globalisti e dei loro tirapiedi del problema della sovrappopolazione, ma solo un uso propagandistico e strumentale (come sempre) di pseudo-questioni ecologiche per portare avanti la loro demenziale agenda. Infatti, la questione della sovrappopolazione umana (e animale) è la questione chiave della civiltà, in quanto questa massa di schiavi senza cervello (covid docet) è fondamentale per far funzionare il sistema e far viaggiare spedita la macchina globale. Se la civiltà umana è il cancro del pianeta, la sua popolazione addomesticata sparsa su tutto il globo ne è la metastasi. Non vi è e né vi sarà mai nessuna soluzione alla catastrofe della civiltà se non anche risolvendo contestualmente la questione dell'inquinamento umano (e animale d'allevamento). Con buona pace dei poveri di spirito e dei deboli di cuore.
Mutuando la celebre e conclusiva espressione heideggeriana: "solo un dio ci può salvare"; oggi possiamo dire: ormai "solo un'estinzione ci può salvare".
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