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Nel Regno del civically correct


Il linguaggio come strumento di comunicazione e ambito del pensiero è sempre stato oggetto di attenzione soprattutto da parte di chi stabilisce l'ordine del discorso.
Oggi si definisce come politically correct tutto l'universo concettuale e linguistico consentito, in quanto in linea con le narrazioni dominanti prodotte e volute dall'élite e dai suoi fidi scudieri: l'accademia e il mainstream media. Tutto ciò che fuoriesce dai confini prestabiliti (ossia il politically uncorrect) è spesso censurato, marginalizzato, ostracizzato così come chi ne è latore.
In ogni caso, al di la del politicamente corretto vi è un ordine del discorso di livello superiore che accomuna tanto il linguaggio dell'élite, della propaganda e della cultura dominante quanto quello della cosiddetta contro-cultura o della galassia antagonista. Questo orizzonte linguistico e concettuale sovraordinato è quello (ci si consenta il neologismo) del civically correct, il quale rappresenta il vero e unico ordine del discorso e l'unico ordine mondiale realmente esistente, quello della civiltà. È un atto di fedeltà verso la matrice globale. Questo discorso addomesticato accomuna quasi sempre tanto i globalisti quanto i sovranisti, covidioti e complottisti, progressisti e tradizionalisti, razionalisti e spiritualisti new-age, onnivori e cruelty-free.
Infatti, in questo ordine del discorso tanto lo Stato di diritto quanto il mercato, il lavoro e la finanza, la sanità pubblica e l'istruzione di massa, la bistecca e il bicchiere di vino sono la conditio sine qua non del pensiero costituito. E il primum mobile che anima la parola addomesticata è la tecnologia neutra, neutra non perché tale ma perché il non-pensiero neutralizza la sua verità, ovvero che la tecnica è l'orizzonte di senso dell'umanità civilizzata, ovvero quello di un mondo manipolabile dove il naturale si confonde con l'artificiale. La tecnica neutralizzata rappresenta il pensiero che celebra la sua estinzione.

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