Un libro che non dovrebbe mancare nella propria biblioteca è sicuramente Nutrition and physical degeneration di Weston Price, medico dentista canadese, vissuto a cavallo tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, che raggiunse inizialmente una certa notorietà per le sue indagini pioneristiche sui foci odontogeni. Il libro in questione oggi gode di un rinnovato interesse soprattutto in alcuni ambiti alternativi (ovviamente non è dato sapere alternativi a cosa) e costituisce senza dubbio una straordinaria testimonianza storico-antropologica. Infatti, il nostro, da buon dentista aspirante antropologo, decise di girare mezzo mondo per osservare presso le popolazioni meno civilizzate (p.e. aborigeni, masai, inuit) quali fosse la diffusione della carie dentale e incidentalmente quale fosse lo sviluppo fisico (in particolare delle arcate dentali e del viso) e la salute generale. Al riguardo, il libro è una testimonianza scritta ma anche fotografica, con un'ampia carrellata di volti, bocche e denti a confronto da visionare.
La tesi centrale del libro risulta essere che i popoli meno civilizzati indagati presentino una migliore condizione fisica e bocche meglio sviluppate e con molte meno carie (sebbene in molti casi presentanti denti terribilmente consumati fino alla gengiva) e questo in virtù del fatto che la loro dieta onnivora non abbia conosciuto gli "alimenti moderni" come, soprattutto, zucchero bianco o cereali e farine raffinate, ma si sia mantenuta su quelli che Price definisce "alimenti tradizionali", come: carne, pesce, insetti, latte e latticini, sangue bovino ma anche tuberi, cereali e vegetali vari. Nel complesso Price individua in una dieta onnivora equilibrata e bilanciata quella idonea alla specie umana; in base alla sua esperienza quindi una dieta esclusivamente vegetale viene rigettata poiché i prodotti animali si rivelano indispensabili per un adeguato sviluppo dell'organismo.
Sebbene questo non sia il luogo per una analisi approfondita del testo, va comunque precisato che, pur riconoscendone i meriti, il lavoro di Price, va detto, è tutt'altro che rigoroso, in quanto per molti aspetti risulta approssimativo, molte osservazioni sono ormai datate e soprattutto molte conclusioni si rivelano discutibili se non apertamente da rigettare. Innanzitutto, possiamo osservare, a riprova di un certo pressappochismo concettuale dell'autore, come la definizione e relativa distinzione tra società primitive e civilizzate sia perlomeno alquanto vaga se non proprio mal formulata; infatti tutte le popolazioni visitate hanno conosciuto processi di acculturazione ed allontanamento da condizioni di vita propriamente naturali. Non a caso, molte di queste popolazioni si dedicano persino alla pastorizia ed all'agricoltura; semmai potremmo meglio definire l'insieme eterogeno (per storia, tradizioni, geografia) di queste popolazioni come premoderne e pre-industrializzate. Già nel capitolo 17 (par. 15) di Homo Tropicus (a cui rimandiamo) abbiamo visto come le popolazioni di cacciatori-raccoglitori presentassero diverse diete e che le condizioni di salute quando si rivelavano migliori rispetto alle moderne popolazioni occidentali era sempre più legato al loro stile di vita più naturale. In ogni caso, pur con statistiche approssimative, lo stesso Price riscontra in alcuni casi condizioni simili tanto negli aborigeni quanto negli orticoltori, tanto nelle popolazioni che si cibavano prevalentemente di prodotti animali, quanto in quelle (isole dello stretto di Torres) che si cibavano prevalentemente di vegetali (taro, banane, papaya, ecc.). D'altronde, se dovessimo stare alle elucubrazioni dell'autore bisognerebbe trarre spunto pure dalle pratiche cannibalistiche di alcune popolazioni (p.e. melanesiani).Se fosse per Price anche i cannibali delle isole Figi che si cibavano degli occhi dei prigionieri per ricavare (secondo lui) vitamina A, sarebbe un esempio da seguire.
Chiudiamo con due ulteriori annotazioni. Nell'analisi di Price è assente una delle principali variabili della futura salute dentaria e generale, ovvero l'allattamento materno (si veda cap. 17.9 e 17.10 di Homo Tropicus). Il nostro non riporta nulla al riguardo e noi sappiamo come molte popolazioni premoderne tendessero ad allattare molto di più rispetto alle popolazioni delle moderne società industriali. Infine, l'analisi nutrizionale che l'autore svolge per motivare la validità delle (presunte) scelte alimentari di molte di queste popolazioni risulta assolutamente discutibile e contraria a qualsiasi evidenza scientifica oggi in nostro possesso. Price individua soprattutto in alcuni oligoelementi essenziali i fattori del più soddisfacente sviluppo osseo e dell'immunità alla carie, ovvero le vitamine liposolubili (in particolare A, E e D), la vitamina C e diversi minerali come ferro, magnesio, calcio, fosforo, potassio. Ora si dà il caso che tutti questi nutrienti trovino proprio nel mondo vegetale la loro principale o pressoché esclusiva fonte, o in ogni caso qui sono presenti nella forma (p.e. ferro-eme, carotenoidi vs retinoidi), nelle quantità (p.e. vitamina C, magnesio) e proporzioni reciproche ottimali (ratio calcio-fosforo; sodio-potassio, ecc.); laddove i prodotti animali si rivelano assolutamente inadeguati (si veda cap. 11 e 14). Non solo, i valori della frutta e vegetali a cui Price fa riferimento (p.e. mele, arance, carote) sono di vegetali addomesticati e coltivati che notoriamente presentano valori (a volte nettamente) inferiori rispetto alle varietà selvatiche. Crediamo, quindi, che il testo di Price, pur meritevole sotto diversi aspetti, meriti una rilettura critica e che solo tendendo conto delle diverse e importanti incongruenze logiche e scientifiche presenti nel testo possa contribuire ad una teoria critica della civiltà, così come delineata in Homo Tropicus.
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